martedì 20 ottobre 2009

La protezione civile comunale nei luoghi del nubifragio. Quali emergenze per il nostro territorio.


Queste sono le immagini che durante le ultime settimane abbiamo imparato a conoscere. Paura, distruzione, morte. Si è parlato di tragedia annunciata e si è puntato il dito contro l'abusivismo edilizio. Si è aperto un baratro di polemiche. Morti di serie b. Emergenza sicurezza. Il triste balletto dei talk show televisivi e la macabra spettacolarizzazione del dolore. Molto vicino a noi, la fine di qualcosa.
Una volta all'università ho studiato i criteri di notiziabilità di un fatto. Uno di questi è la prossimità: quanto più un evento si verifica vicino, tanto più colpisce, interessa. Leggeremo con più attenzione di un furto nel nostro quartiere piuttosto che della strage di un intero villaggio africano. E' una debolezza del cuore umano. Sulla quale si innesta la logica dei mass media: è lo spazio che fa la notizia, la posizione sul giornale, il modo in cui è raccontata. Perchè i fatti sono oggettivi. E le opinioni rimangono fuori dai confini dell'articolo. Ma le parole scelte per raccontare, anche seguendo la regola dell'imparzialità, vengono dalla testa e dal cuore di chi scrive e passano fatalmente dal filtro della sua personalità, della sua formazione, delle sue idee, della sua storia personale. Ormai lo insegnano anche nelle scuole di giornalismo: l'obiettività non esiste. Però è un fine a cui tendere. E anche un mezzo. E io non sono sicura della buona fede con cui è stata gestita mediaticamente la tragedia di Giampilieri e Scaletta Zanclea. Cosa sia passato nel cuore e nella testa di chi questi luoghi non saprebbe neppure indicarli sulla cartina geografica. Ma parlando di dolore si rischia sempre di essere retorici. Ed io non voglio parlare di indignazione, amarezza. Della quotidianità che non c'è più. Delle piccole storie inghiottite nell'eternità della storia che passa sui libri di scuola. Parliamo invece di solidarietà vera, reale, dell'impegno, del sacrificio e delle mani nude che scavano nel fango. Non della solidarietà tiepida dei conti corrente, nè di quella untuosa dei sedicenti vip negli illuminati studi televisivi. Parliamo di chi a Giampilieri e a Scaletta Zanclea, o almeno quel che resta, (solo per citare i due centri più colpiti, ma purtroppo la lista delle zone disagiate è assai più lunga) c'è stato. Delle associazioni, dei volontari, dei cittadini. Della protezione civile, che chissà come finisce sempre per essere rissucchiata nel vortice delle polemiche inutili da salotto televisivo. Credo che oltre ogni considerazione siano le immagini a parlare. Queste sono state scattate dal gruppo comunale di volontari di protezione civile di Santa Lucia del Mela. Che c'era. Tutti i giorni, anche quando i riflettori si spengono e la scaletta dei telegiornali non comprende più i servizi da Messina. "Abbiamo dato in nostro piccolo contributo alla macchina dei soccorsi e debbo dire che l'esperienza è stata toccante. Nel corso della nostra attività di scavo con "piccone e badile" abbiamo anche assistito al ritrovamento di uno degli ultimi dispersi, chiaramente già deceduto". Questa è la testimonianza di Angelo Letizia, coordinatore della protezione civile del nostro paese. Che lancia un appello: "L'acquisto delle attrezzature fatto dall'amministrazione comunale ci ha consentito di operare immediatamente. La tragedia dell'Abruzzo e questa ultima ci insegnano che non è possibile perdere tempo e che è urgente procedere alla redazione dei piani comunali di protezione civile, individuare e attrezzare aree di emergenza, informare i cittadini sui rischi al fine di ridurre al minimo le possibili vittime. Auspico che l'amministrazione prenda coscienza che bisogna portare avanti una seria programmazione in materia di protezione civile anche con l'investimento di maggiori risorse".

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