lunedì 6 aprile 2009

Terremoto in Abruzzo, la Protezione Civile di Santa Lucia del Mela partecipa alla macchina degli aiuti

Città ridotte ad ammassi di macerie. Migliaia di sfollati nelle strade invase dai calcinacci. L'atroce e penosa conta dei morti e dei dispersi, destinata a crescere tragicamente di ora in ora, mentre viene firmato lo stato d'emergenza e si mette in moto la macchina degli aiuti. Impegnati in prima fila i volontari della Protezione Civile, che cercano senza sosta di fronteggiare l'emergenza. Il sisma, di magnitudo 6,3 Richter (8-9 Mercalli), ha colpito la regione dell'Abruzzo poco prima delle 3.30 della notte scorsa. Agli appelli disperati di chi ha perso tutto fanno eco le richieste istituzionali di più uomini e mezzi di soccorso, innescando una catena di solidarietà che coinvolge anche il gruppo comunale di Protezione Civile di Santa Lucia del Mela. Il Sindaco Nino Campo ha telefonicamente dato immediata disponibilità al dipartimento della Protezione Civile Regionale Siciliana che sta organizzando i soccorsi, per nove volontari pronti a partire. Il gruppo comunale, convocato dal Sindaco e dall'Assessore Franco Interisano, si è riunito d'urgenza dimostrando competenza organizzativa e una straordinaria sensibilità d'animo. Un ulteriore gruppo di nove volontari, infatti, ha dato dato la disponibilità a recarsi sui luoghi della tragedia nella seconda decade di aprile. L'appello alla generosità è rivolto a tutti i cittadini, che possono dare il proprio contributo partecipando alla raccolta di beni di prima necessità da portare in Abruzzo che il gruppo di Protezione Civile sta programmando. Secondo la Croce Rossa mancano "acqua, omogeneizzati, pannolini, latte e alimenti di prima necessità". Sono le priorità richieste dalla Croce Rossa Italiana in un appello lanciato dal Commissario del Comitato Provinciale CRI dell'Aquila, Luigi Sigismondi: "Le scorte di sangue recuperate sono attualmente sufficienti a coprire il fabbisogno". Anche i Volontari CRI sono al lavoro già dalle prime ore del mattino coordinati dalla Protezione Civile Nazionale.
"Nessuno sarà lasciato da solo", è la promessa del premier Silvio Berlusconi che ha definito l'accaduto come "una tragedia senza precedenti", dopo aver raggiunto L'Aquila ed aver sorvolato in elicottero l'area colpita dal sisma. Subito dopo ha presieduto a Roma la seduta del Consiglio dei ministri che ha conferito "i poteri di attuazione degli interventi d'emergenza" al sottosegretario Guido Bertolaso. "Per i primi giorni sono stati stanziati 30 milioni di euro di fondi immediati, in attesa di quantificare giovedì le risorse strutturali", ha spiegato Berlusconi. Intanto ci si prepara alla prima notte dopo il terremoto, una notte fredda e di pioggia che ha cominciato a cadere sugli sfollati per i quali si stanno predisponendo le tendopoli o cercando migliaia di posti letto negli alberghi lungo la costa. A L'Aquila in tantissimi si apprestano a trascorrete la notte nelle auto parcheggiate in piazzali o comunque in aree lontane dagli edifici: la paura non è passata e la scossa del tardopomeriggio di magnitudo 4.1 fa ricordare che il terremoto é ancora lì, in agguato, ancora una volta nella notte. Una paura che non ci è estranea, che ci riporta ad un passato non troppo lontano. Paura della precarietà delle proprie certezze, pronta a balzarci addosso, iscritta dentro noi stessi. E mentre si susseguono strazianti le notizie sui genitori che hanno perso i figli e vagano tra i ciottoli senza avere più un posto nel mondo, mentre corpi inermi vengono estratti dalle macerie e madri morte ritrovate abbracciate ai propri bambini, c'è solo spazio per la commozione, per le lacrime forse o per un vuoto attonito senza pensieri che siano sopportabili. Uno spazio anche per la speranza, magari, aggrappata alle testimonianza di chi ha salvato una vita. Come Fabiano Ettorre, 30 anni, di Tempera, volontario della Protezione civile: ha cominciato a scavare a mani nude subito dopo la scossa e la mattina alle 9, con i suoi amici, era ancora lì sopra le case crollate, a cercare di tirare fuori dei corpi. Alla fine ne ha contati 11, sei morti e cinque ancora vivi. "Me lo sentivo", dice. Spazio per la solidarietà. Per la tristezza. Domani, forse, svaporando l'angoscia che ci opprime il cuore sentiremo più forte l'indignazione feroce per gli sciacalli che entrano nelle case aperte rubando relitti di vite distrutte, ci arrabbieremo per le storture che la cronaca di queste ore ci mette innanzi agli occhi, tra le polemiche di tragedie annunciate e i buchi neri del sistema ai quali siamo pericolosamente assuefatti.

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